Grazie all’AI i cybercriminali riescono a clonare la nostra voce: l’analisi di Trend Micro
Attenzione! Ecco la nuova frontiera dell’hackeraggio: la clonazione della propria voce.
L’Ai ha aperto il mondo a una serie di strade impreviste che non siamo ancora in grado né di quantificare, né di regolamentare. Il mondo di internet e di tutto quanto lo riguardi è troppo esteso e ancora oggi non siamo riusciti, a livello globale, a stabilire un vademecum ecologico per non inquinare attraverso email, condivisione spasmodica di post, mining delle criptovalute e così via.
Nello specifico, l’Ai è uno strumento che non sempre viene utilizzato nel modo eticamente più corretto. Si entra adesso in un campo che non ha una codifica univoca, eppure sono state raccolte diverse dichiarazioni sul tema, che qui riportiamo.
L’uso dell’intelligenza artificiale dovrebbe mirare a semplificare la vita di chi ne fruisce. Questo concetto è estendibile a tutta la tecnologia, ma nel caso dell’Ai è preso molto sottogamba: gli utenti ne fanno largo uso per smettere di elaborare video animati, illustrazioni, sceneggiature e lavori di world building.
Le conseguenze sono molteplici: in primo luogo, la generazione automatica di immagini e testi attinge a materiale preesistente sul web, elaborato da disegnatori o scrittori in carne e ossa che non ricevono un compenso per essere stati defraudati del loro lavoro da una macchina, senza consenso; in secondo luogo, ciò porterà a un isterilirsi del gusto e del senso artistico del pubblico. Infine, ci sono gli hacker, che usano l’Ai per altri scopi.
Il cybercrimine si fa aiutare dall’AI
Il cybercrimine ha radici profonde nella storia dell’informatica. Le prime forme di cybercrimine erano relativamente semplici e coinvolgevano hacker etici o appassionati di computer che esploravano sistemi informatici per scopi non maliziosi. Il tutto risale agli anni ’70.
Negli anni ’80 si sono verificati invece i primi casi di hacking con scopi criminali, come furto di dati personali o finanziari. Il concetto di virus informatici è emerso con il worm Morris nel 1988, uno dei primi esempi di malware. A seguire, il phishing, il ransomware, usato anche dopo la tragedia dell’OceanGate Titan. Adesso siamo di fronte al furto della voce, grazie all’Ai.
Il furto della voce da parte degli hacker
L’azienda Trend Micro parla di “rapimento virtuale” in occasione della nuova frontiera cybercriminale del furto della voce. Grazie ai potenti mezzi di chatbot e Ai, è possibile replicare la voce di chi si vuole. Forse non serve nemmeno un hacker, ammettiamolo.
Ecco che in Arizona è successo questo: una donna riceve una telefonata di estorsione poiché le sarebbe stata rapita la figlia. A riconferma del rapimento, la voce della bambina creata grazie a un’Ai dai rapitori. Fortunatamente la donna ha controllato che la figlia fosse sana e salva e non ha pagato il riscatto.