Svolta per il caso Cappato: i pm parlano di autodeterminazione dell’individuo.
“Eutanasia” è un termine che deriva direttamente dal greco: “Eu” che significa bene e “Thànatos” morte. Combinando tali significati si ottiene il senso compiuto dell’intera parola, ossia “buona morte” o “morte positiva”.
C’è chi giudica la pratica dell’eutanasia un omicidio, a volte intrecciando opinioni personali e dogmatica cattolica a istanze socio-politiche. Marco Cappato è diventato noto in Italia per la sua strenua difesa del diritto all’eutanasia e alla scelta di “fine vita”. Ha avviato una campagna chiamata “Io sto con Marco” per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere la legalizzazione dell’eutanasia in Italia.
Cappato è stato membro del Parlamento europeo, eletto nelle liste dei Radicali Italiani e dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa. Lì, ha continuato a promuovere i diritti civili e ha lavorato su questioni quali la legalizzazione della cannabis a fini terapeutici e la tutela della privacy.
Il caso più eclatante fu quello di DjFabio, individuo costretto a vivere in una forte sofferenza, condotto in Svizzera da Cappato per poter ricorrere alla pratica di fine vita. Dopo una battaglia processuale durata anni, alla fine la Corte costituzionale ha dichiarato non punibile chi agevola l’esecuzione del suicidio in determinate condizioni di salute.
Marco Cappato ha condotto altri due individui in Svizzera per far sì che costoro potessero usufruire di un trattamento di fine vita. Romano, ottantaduenne affetto dal morbo di Parkinson ed Elena, malata terminale che avrebbe preferito porre fine alla sua vita stando accanto alla famiglia.
I pm hanno giudicato la condotta di Cappato in modo positivo, sottolineando non tanto l’aspetto empatico dell’eutanasia, bensì quello più attivo di esercizio democratico del diritto all’autodeterminazione. Anni fa, si sarebbe parlato di concorso al suicidio, ma adesso le cose stanno cambiando.