Per la ministra della Svezia Edholm bisogna ridurre l’uso di tablet e computer a scuola.
Il dibattito sulla digitalizzazione dell’istruzione è aperto e irrisolto in molti paesi europei. In Svezia, tuttavia, le acque si agitano da quando al governo è salito un partito di estrema destra, di origine neonazista, ossia i Democratici Svedesi.
Nel 2022, viene posta Lotta Edholm, appartenente a un altro partito di destra, ma moderato, come ministra dell’Istruzione. Da allora, le posizioni della Svezia riguardo alla scuola sono leggermente cambiate rispetto a quanto preventivato pochi anni prima.
Nel 2017, infatti, il governo aveva abbracciato le istanze dell’Agenzia nazionale dell’Istruzione che aveva stabilito un piano a lungo termine che prevedeva la totale digitalizzazione della scuola: computer, tablet e sistemi tecnologici sarebbero dovuti essere presenti e disponibili in tutte le classi, materne incluse.
L’obiettivo della massiccia digitalizzazione operata è quello di fornire gli strumenti adeguati ai bambini sin da quando sono piccoli. In tal modo, spiegavano i fautori, la fetta socio-economica futura avrebbe potuto esercitare la democrazia in modo sano, poiché educato digitalmente all’uso dei mezzi di comunicazione utili per la vita lavorativa.
Il dibattito si riaccende in seguito al report del PIRLS (Progress in International Reading Literacy Study), il quale evidenzia un calo dell’apprendimento e del livello di istruzione nei giovani svedesi. Tale dato ha significato un campanello d’allarme per il governo svedese, per cui si sta pensando di correre ai ripari in modo netto.
Fautrice del cambio di rotta è, appunto, Lotta Edholm, ministra dell’Istruzione, la quale impugna dati legittimi alla mano. La Karolinska Institutet, un’università di alto pregio in Svezia, fornisce informazioni oggettive sull’argomento: “È scientificamente provato che gli strumenti digitali compromettano piuttosto che migliorare l’apprendimento degli studenti”.
L’OMS entra nel discorso facendo notare che, in effetti, al fine di una corretta formazione, il bambino non dovrebbe essere esposto più di un’ora al giorno ai mezzi digitali, fino ai 5 anni. Ciò è fondamentale poiché l’apprendimento in fase infantile passa attraverso numerosi stimoli sensoriali che non dovrebbero convergere nell’unico visivo, derivante dall’uso dello schermo.
Tuttavia, il dibattito è complesso. Il calo di alfabetizzazione registrato a macchia d’olio potrebbe dipendere dalla frammentarietà del percorso scolastico durante gli anni di pandemia. Per di più, la domanda che molti democratici si pongono è la seguente: “Come colmare le disuguaglianze, se limitiamo i mezzi a disposizione delle famiglie?”
I ricchi continueranno ad avere strumenti tecnologici per imporsi contrattualmente nel mercato del lavoro. Per qualcuno, la soluzione non è limitare o tornare a un rigorismo tradizionalista, ma, consci delle criticità, creare nuovi e valenti percorsi pedagogici, includendo però tali strumenti che costituiranno, inevitabilmente, il motore economico del domani.