Droga e farmaci nei fiumi europei, i danni all’ecosistema marino sono sempre più gravi
L’inquinamento riguarda non solo i mari, ma anche i fiumi e i laghi europei: nella acque sono state ritrovate grandi quantità di droga e farmaci.
Le ricerche scientifiche hanno evidenziato come i colori delle acque degli oceani stiano cambiando in seguito all’inquinamento e al cambio climatico.
Ma non sono solo le acque dei mari a risentire dell’influsso negativo degli uomini. Anche quelle dei fiumi e dei laghi europei sono piene di sostanze tossiche.
Recenti studi, infatti, hanno evidenziato come i laghi e i fiumi europei siano ricchi di residui di droghe e farmaci che stanno mettendo in serio pericolo la flora ittica.
Fiumi europei a rischio: le ricerche
Non sono solo carta e plastica le nemiche dell’ambiente, ma anche i residui di farmaci e di droghe, che vengono sempre più spesso consumate, rappresentano dei gravi rischi per l’ambiente. Una serie di ricerche effettuate sulle acque dei laghi e dei fiumi europei, soprattutto su quelli che circondano le grandi aree urbane, hanno evidenziato una grossa presenza di residui di farmaci e di sostanze stupefacenti.
Negli ultimi anni, il consumo di droghe è salito in maniera esponenziale e, nel 2021, si stimava che 83 milioni di cittadini europei ne facessero uso sporadico o regolare. Nei fiumi e nei laghi di molte zone dell’Europa, infatti, sono state rilevate sostanze illegali o metaboliti, prodotti che il nostro corpo ha eliminato ma che resistono ai processi di depurazione delle acque.
Le conseguenze sulla flora ittica
La presenza di tali sostanze nelle acque di fiumi e laghi può avere delle importanti conseguenze sulla flora ittica. I residui della pillola anticoncezionale, ad esempio, possono alterare lo sviluppo sessuale di alcune specie ittiche: piccole quantità di estrogeni rilasciate possono portare alla “femminilizzazione” dei pesci maschi la cui riproduzione viene influenzata in modo più o meno grave.
I residui di sostanze stupefacenti, invece, possono provocare nei pesci danni ai muscoli scheletrici o alterazioni delle branchie. Sarebbe bene, dunque, che tali sostanze diminuissero e che le aziende farmaceutiche iniziassero ad utilizzare principi attivi più facilmente biodegradabili e meno persistenti nell’ambiente naturale. Inoltre, gli impianti di depurazione delle acque reflue potrebbero adottare tecnologie come il trattamento con ozono o le vasche anossiche di sedimentazione al fine di riuscire a smaltire anche i composti più persistenti.