Federcontribuenti: “Il salario minimo non deve servire a livellare le retribuzioni al ribasso”
Il governo ha deciso di rinviare la discussione sul salario minimo.
Il governo ha rimandato l’esame della proposta di legge sul salario minimo all’ora. Attualmente, non esiste una legge che disciplini legalmente questo ramo del lavoro in Italia, a differenza di altri paesi europei. Nel Belpaese, esistono infatti solo stime approssimative sul salario minimo percepito da lavoratori e lavoratrici.
Stando alle statistiche evidenziate dalla Camera dei Deputati, il salario minimo italiano sarebbe fissato su una soglia di 8,84€ dal 2018, al netto degli 8,50€ del 2015. Questo incremento è arrivato dopo tre anni, quando nel 2015 era stata già fatta promessa di rivedere la pratica ogni due anni.
La proposta di legge del 2023 ha accolto queste istanze, proponendo di portare il salario a 9,35€ orari, allineando così l’Italia con gli attori politici influenti d’Europa. Tuttavia, la legge non è stata ancora discussa. Federcontribuenti ha criticato la scelta di palazzo Chigi di rinviare al CNEL (Consiglio Nazionale Economia Lavoro) la proposta.
Secondo l’organizzazione, si è trattato di una manovra politica: “Rinviare l’esame della proposta dà l’impressione che il provvedimento sia stato accantonato non per motivi concreti (quale, ad esempio, i maggiori costi per i datori di lavoro), ma solo per mero calcolo politico, forse per il timore di vedere che altri si prendessero il merito della legge”.
La nota diffusa da Federcontribuenti
L’organizzazione Federcontribuenti ha mosso dunque una aspra critica all’andamento politico del governo Meloni: la politica sarebbe troppo distante dalla realtà, in cui lavoratori e lavoratrici chiedono a gran voce una regolamentazione degli stipendi. L’obiettivo è avere garantiti dei diritti e la possibilità di avere la giustizia dalla propria parte in occasione di eventuali contratti umilianti, che offrono stipendi degradanti.
Secondo l’associazione le dichiarazioni del governo sul salario minimo sarebbero pretestuose, in quanto “L’istituzione di un salario minimo non significa livellare le retribuzioni orarie a nove euro, quindi al ribasso, laddove ci sono condizioni di migliore favore”. La posizione di Federcontribuenti è dunque chiara: il salario minimo garantito non danneggerebbe la contrattazione, a differenza di quanto sostenuto da alcuni esponenti politici e imprenditoriali.