Omicidio Giulia Cecchettin, la lettera della sorella Elena: “Bisogna insegnare che l’amore non è possesso”
Omicidio Giulia Cecchettin, la sorella Elena scrive una lettera al Corriere della Sera chiedendo alle istituzioni di lottare in modo più efficace sui femminicidi.
A distanza di una settimana dall’inizio delle ricerche di Giulia Cecchettin, gli inquirenti hanno dovuto constatarne la morte.
Il corpo della giovane 22enne è stato ritrovato nel Lago di Bracis, mentre il fidanzato che l’ha uccisa, Filippo Turetta, è stato rintracciato e arrestato in Germania.
Giulia è l’ennesima vittima di femminicidio in Italia e la sorella Elena ha scritto una lettera che può essere uno spunto di riflessione sul tema e sul modo di poter arginare un dramma sociale così dilagante.
Giulia Cecchettin, ennesimo femminicidio
Come si può combattere il femminicidio? Come si possono tutelare le vittime? Come si possono “salvare” anche i colpevoli? Sono queste solo alcune delle tante domande che ci si continua a porre in Italia, all’indomani dell’ennesimo caso di omicidio di una donna per mano dell’uomo che sosteneva di amarla. Invece quello non era amore, non era nemmeno una parvenza di buon sentimento: quello era possesso, quella era ossessione, quello era un sentimento frutto di una società patriarcale e maschilista che deve a tutti i costi iniziare a cambiare mentalità ed atteggiamento.
Giulia aveva 22anni, doveva laurearsi lo scorso 16 novembre, invece il fidanzato ha deciso di ucciderla fuggendo poi oltre i confini italiani, dove è stato arrestato dalle autorità tedesche e consegnato alle forze dell’ordine nostrane. La sorella della Cecchettin, davanti a questo ennesimo dramma, ha deciso di non rimanere in silenzio e, dopo essersi fatta sentire sui social, ha indirizzato una lettera forte e sentita al Corriere della sera, esortando lo stato ad intervenire perché “il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge”.
La lettera di Elena Cecchettin
“Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. I mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro”: con queste parole Elena Cecchettin ha voluto sottolineare come gli autori di femminicidi siano spesso vittime essi stessi di una cultura sbagliata, ma che continua a dominare nel nostro Paese. “La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura – si legge ancora nell’epistola – […]Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista”.
“Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso – ha scritto ancora la sorella della vittima chiamando in causa lo stato – . Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto”.