I numeri sulle spese militari nel nuovo report sui paesi NATO realizzato da Greeenpeace.
Greenpeace Italia, insieme al gruppo di Germania e Spagna, ha commissionato un rapporto ai suoi tecnici per documentare l’andamento delle spese militari in Europa. Questo report ha preso il nome di “Arming Europe”. Nel documento i dati sugli acquisti bellici sono messi in relazione a quelli investiti in sanità, ambiente e istruzione.
Ne è emerso che nell’ultima decade, l’Europa abbia incrementato del 46% le spese di riarmo. Complessivamente, nei paesi NATO dell’Unione, il mercato è stato trainato proprio dall’acquisto di nuove armi. Nello specifico, l’Italia ha investito il 26% in più nell’industria bellica e il 132% in più solo per l’acquisto di armi nuove, al netto del 168% complessivo dell’UE.
I dati hanno fatto storcere il naso a Sofia Basso, Research Campaigner di Greenpeace, la quale ha sottolineato la paradossalità di questi, al netto delle ultime congiunture storiche: in Europa ci sono state una pandemia, due guerre e l’aggravarsi delle conseguenze di surriscaldamento globale e cambiamento climatico.
Proprio per questo motivo, Sofia Basso, e con lei l’intero progetto di Greenpeace, ha dichiarato emergenziale ripensare a una nuova strategia economica: “Da tempo chiediamo di fermare la corsa al riarmo e di investire più risorse nella lotta contro la povertà e la crisi climatica, a tutela della pace, delle persone e del pianeta. Questo studio dimostra che spendere nelle armi è un ‘cattivo affare’ anche per l’economia”.
Nel discorso di Basso, è emersa preoccupazione per il riarmo senza precedenti dell’Italia, in una situazione storica in cui c’è necessità di investire in istruzione, ambiente e sanità. Nello specifico, Greenpeace ha pubblicato una petizione per fermare l’acquisto di armi in Italia: il documento verrà presentato al governo di Giorgia Meloni, corredato da una proiezione dei costi e dei benefici economici relativo.
Greenpeace ha infatti stimato che investire 1000 milioni di euro in armi generi un incremento della produzione interna di 740 milioni; se lo stesso denaro fosse investito nell’istruzione, nel welfare e nell’ambiente, si genererebbe una produzione superiore a 1480 milioni di euro. A grappolo, i cittadini italiani ne gioverebbero grazie a 14.000 nuovi posti di lavoro nel campo dell’istruzione, 12.000 nella sanità e 10.000 nella protezione ambientale.