Agente penitenziario suicida, la Procura dispone nuove indagini: “I colleghi lo vessavano, quel carcere è uno schifo”
Svolta sul suicidio avvenuto due anni fa dell’agente penitenziario Umberto Paolillo. La Procura di Bari dispone nuove indagini.
Umberto Paolillo è stato trovato morto nella sua auto il 18 Febbraio del 2021.
L’uomo era un agente della polizia penitenziaria del carcere di Turi e fin dai primi accertamenti condotti dopo il suo ritrovamento, è stato chiaro come si trattasse di un suicidio.
Paolillo si è infatti messo alla guida della sua macchina la notte del 18 Febbraio 2021 per poi fermarsi in uno spiazzale e togliersi la vita sparandosi con la sua pistola d’ordinanza. Adesso, a distanza di quasi due anni da questo tragico evento, la Procura di Bari ha deciso di disporre delle nuove indagini. Il sospetto è infatti che l’agente penitenziario sia arrivato a compiere un gesto così estremo, a causa delle continue vessazioni che era stato costretto a subire sul luogo di lavoro.
A raccontare quanto fosse difficile la vita di Paolillo nel carcere di Turi, è stato uno dei detenuti della struttura che ha accettato di parlare con i magistrati. E difatti, l’ordinanza con cui sono state autorizzate queste nuove indagini, contiene diversi stralci della testimonianza che il detenuto ha fornito agli inquirenti.
L’uomo ha infatti raccontato di aver assistito in prima persona più volte a dei veri e propri atti di bullismo che i colleghi poliziotti perpetravano in carcere nei confronti di Paolillo: “Lo prendevano in giro, dicendogli che aveva 60 anni, che non aveva una donna, che abitava ancora con la madre”. Il detenuto avrebbe inoltre aiutato gli investigatori a identificare otto poliziotti che si sarebbero macchiati di questa condotta vessatoria nei suoi confronti, che potrebbe aver infine convinto l’uomo a farla finita.
“Lo chiamavano gobbetta, gli davano giornaletti porno. Un giorno mi sono messo in mezzo dicendo di smetterla. Umberto spesso si confidava con noi. Lo vedevamo sempre triste, quando abbiamo saputo del suicidio, tutti abbiamo pensato che fosse arrivato al limite e che il gesto fosse collegato a ciò che subiva. Quel carcere è uno schifo”, ha spiegato il detenuto nella testimonianza su cui poi si è basata in larga parte la nuova ordinanza del Gip di Bari.