Ferie non godute, la Corte di giustizia dell’Ue bacchetta l’Italia
La Corte di giustizia dell’Ue ha bacchettato l’Italia per il mancato indennizzo al lavoratore che non ha goduto delle ferie retribuite.
Da Bruxelles è arrivata la bacchettata all’Italia: nello Stivale le ferie dei lavoratori che non hanno potuto goderne quasi sempre vengono perse. Invece, è giunta la nuova regola da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea: ogniqualvolta un lavoratore si dimette, ha diritto a ricevere un indennizzo per tutte le ferie annuali di cui non ha potuto usufruire.
Secondo la Corte di giustizia non sarebbe legittimo addurre la scusa della pubblica spesa al fine di non distribuire l’indennizzo che spetta di diritto al lavoratore. L’Ue ha stabilito che ogni suo stato membro ha l’obbligo di consegnare l’indennizzo, poiché si tratta di diritti del lavoratore.
Il caso specifico a cui l’Ue ha fatto riferimento è italiano. Nella fattispecie, si è trattato di quanto è accaduto in un comune di Lecce, Copertino. Un funzionario del comune ha deciso di dimettersi per il prepensionamento. A questo punto, ha chiesto di ottenere un indennizzo sostitutivo per le ferie non godute in quell’anno, ammontanti a 79 giorni.
Viceversa, il comune ha riferito che il funzionario comunale fosse perfettamente conscio del fatto che, secondo la legge italiana, non avrebbe diritto ad alcun indennizzo: per non perdere le ferie annuali, il lavoratore avrebbe dovuto goderne, poiché non è possibile monetizzarle prima delle dimissioni. Tuttavia, la Corte Ue ha stabilito diversamente.
La legge Ue osta a quella nazionale
La legge italiana è piuttosto criptica su questo punto. Secondo la giurisprudenza, la legge andrebbe interpretata come segue: la monetizzazione in vece del congedo annuale è possibile solo se quest’ultimo non è stato utilizzato per motivi avulsi dalla responsabilità del lavoratore, come ad esempio una situazione di salute.
Secondo invece il diritto della Unione europea, questo è sbagliato. Il lavoratore ha diritto a ricevere l’indennizzo a prescindere, prima di concludere il contratto di collaborazione. Di conseguenza, la Corte di giustizia dell’Ue ha bocciato l’Italia, stabilendo che la necessità di contenere la spesa pubblica non possa mai prevalere sui diritti del lavoratore italiano.