Quanta della tua umanità sei disposto a sacrificare per mangiare una fetta di carne?
Abusi e torture sugli animali da macello: la sottile linea di confine tra nutrirsi e seviziare
Si parla molto di consumo di carne, di produzione di massa, di allevamenti intensivi. In realtà non sono in molti coloro che sanno effettivamente di cosa stanno discutendo, poiché spesso siamo disincentivati all’informazione e bombardati piuttosto da spot pubblicitari che ci vendono come naturale armoniosa la vita di mucche e suini da macello, quasi come se diventare la nostra bistecca fosse la loro più grande aspirazione di vita.
Solo i più attenti e sensibili all’argomento si documentano, scoprendo purtroppo che sia le condizioni di vita sia il trattamento riservato al nostro futuro cibo è degradante e umiliante e arriva ben oltre la sevizia gratuita e immotivata. Un tale approccio critico è spesso bollato unicamente come la volontà di coloro che seguono una dieta vegetariana o vegana di spingere gli onnivori a non scegliere più la carne. In realtà, al di là della voglia di abbracciare o meno un’alimentazione sostenibile e cruelty free, rimane il fatto che non dovrebbe essere socialmente e umanamente accettabile utilizzare gli animali come meri oggetti da fare a pezzetti e lavorare.
Qual è il trattamento degli animali negli allevamenti: il documentario Food for profit
Gli allevamenti intensivi presuppongono già di per sé l’accumulo e accatastamento in spazi ristretti di un gran quantitativo di animali da macello, i quali di conseguenza sono costretti a vivere tutta la loro breve esistenza stipati in recinti con nessuna possibilità di movimento. Oltre a ciò, vi si aggiunge la tortura gratuita sugli animali e le pessime condizioni igienico-sanitarie in cui versano.
Per quanto riguarda le condizioni igieniche, basti pensare che spesso il pollame vive tra le carcasse dei suoi simili, poiché non è economico intervenire continuamente a rimuovere i cadaveri di chi non ha retto. Allo stesso modo le mucche e i suini sono rimpinzati di antibiotici e altre sostanze steroidee, per permettere loro di crescere e ingrassare al punto giusto, sopravvivendo in contesti sporchi e soggetti alla diffusione di infezioni e malattie.
Le torture invece vengono inflitte assolutamente gratuitamente. Sono ben noti i filmati di polli tenuti al guinzaglio e strangolati, maiali squartati mentre sono appesi a un gancio e vivi, perché la paura a quanto pare fa meglio defluire il sangue dai corpi. Le mucche vengono picchiate, bastonate spintonate, senza ragione alcuna se non quella della loro considerazione di oggetti, meri prodotti destinati al supermercato.
Sull’argomento si segnala il recente documentario-inchiesta di Giulia Innocenzi e Paolo D’Ambrosi, che hanno svolto un’indagine durata ben 5 anni infiltrandosi all’interno di più allevamenti intensivi. Con delle telecamere nascoste hanno ripreso ben più di quanto potessero immaginare. Food for profit è il prodotto audiovisivo che documenta l’indagine svolta. Al momento gli autori stanno organizzando proiezioni nei cinema italiani e sono riusciti a presentarlo il 22 febbraio al Parlamento europeo a Bruxelles.
Cosa fare
Il primo consiglio è quello di informarsi e non chiudere gli occhi dinanzi ai prodotti pubblicitari delle aziende produttrici di alimenti. Inoltre sarebbe opportuna una progressiva ma inesorabile diminuzione del consumo di carne, poiché é proprio la richiesta spropositata che spinge le grandi aziende alla produzione su larga scala, facendo degli animali unicamente delle materie prime da industrializzare.